mercoledì 31 ottobre 2018

Torino-Lione e Terzo Valico, il governo non giochi con il futuro del Nord-Ovest. di Daniele Borioli


Già ora sono numerosi i treni che ogni giorno collegano direttamente Lyon con Parigi, Bruxelles, Amsterdam in ambito continentale, e Londra attraverso l’Eurotunnel. I tempi di percorrenza tra la capitale della confinante regione francese (Rhone Alpes-Auvergne) con i due estremi, Amsterdam su terraferma, Londra sull’isola britannica, variano tra le cinque e le sei ore. Naturalmente di più breve durata sono le percorrenze verso Parigi e Bruxelles.
Basta solo questa semplice constatazione, che è possibile verificare consultando on-line gli orari ferroviari riguardanti quelle relazioni, per rendersi conto di quale sia il contesto in cui andrebbe collocata la, da noi ormai annosa e persino paradossale, querelle sulla nuova linea AC Torino-Lyon.
Naturalmente, tutti sappiamo (o dovremmo sapere) benissimo che quell’infrastruttura nasce prevalentemente per il trasporto delle merci via ferro, al fine di rendere possibile un riequilibrio modale più rispettoso del delicato sistema ambientale alpino, certo non beneficiato da un intenso trasporto pesante su strada. Ma è altrettanto naturale immaginare che una volta realizzato il tunnel di base e i nuovi tratti ferroviari previsti dall’attuale progetto, anche il traffico dei passeggeri ne ricaverà vantaggi.
Ecco perché è fondamentale conoscere il contesto più ampio. Quello che si può vedere solo esercitando uno “sguardo lungo”, che appare ad oggi quasi completamente inesistente nelle nostre discussioni e valutazioni domestiche. E quel contesto ci dice che sul versante occidentale dell’Europa, che appena al di là delle Alpi si sviluppa verso il Mare del Nord, è già attivo un sistema di collegamenti ferroviari veloci, il quale con discreta cadenza giornaliera connette cinque aree metropolitane (Lyon, Paris, Bruxelles, Amsterdam, London) in cui vivono complessivamente 27,5 milioni di abitanti.
La scelta che sta di fronte all’Italia e al Piemonte è dunque questa: agganciare l’Italia e l’intero Nordovest, attraverso Torino e il nuovo collegamento ferroviario con Lyon, a un grande arco continentale di sviluppo, che possiamo immaginare esteso sino a Milano, a comprendere sette aree metropolitane, insediate da oltre 33 milioni di abitanti (i 27,5 milioni sopra ricordati più i 2,3 milioni di Torino e i 3,2 milioni di Milano, senza considerare la densa costellazione di centri minori ma molto dinamici).
Preciso, anche se dovrebbe essere superfluo, che non intendo con questo affermare le ragioni a favore della Torino-Lyon fondandole sulla suggestiva ma improbabile e residuale ipotesi di poter andare in treno da Torino, o da Milano, ad Amsterdam o a Londra. I collegamenti tra gli estremi saranno ancora a lungo, e forse per sempre, più plausibili in aereo.
Il punto è un altro: riguarda la decisione di stare dentro o fuori un sistema di relazioni che, a cerchi concentrici, coinvolge addensamenti straordinari di realtà produttive e di lavoro, istituzioni culturali, di ricerca e conoscenza; giganti della finanza, strutture di organizzazione del welfare, articolazioni peculiari degli assetti istituzionali, sistemi di tutela e valorizzazione delle risorse ambientali e culturali, modelli di integrazione sociale, e così via.
Non meno rilevante è la scelta che riguarda l’altra grande infrastruttura ferroviaria collocata per buona parte in territorio piemontese: il cosiddetto Terzo Valico. Se la Torino-Lyon è la grande dorsale a sud della catena alpina che può connettere il Piemonte al grande Occidente d’Europa, il Terzo Valico è l’elemento decisivo del collegamento tra l’alto Mediterraneo e il suo sistema portuale principale, gravitante sugli scali di Genova-Savona, con alcune delle più dinamiche, ricche e produttive regioni europee, lungo la direttrice che attraverso il nuovo tunnel del San Gottardo porta sino ai porti del cosiddetto Northern Range (Rotterdam, Anversa, Le Havre, Bremen).
Su questo asse, che può conferire al Terzo Valico anche la funzione di potenziamento e cadenzamento delle relazioni ferroviarie tra Genova e Torino, si gioca la ricostruzione di una maggior coesione se non di un’alleanza strategica tra le due città principali del Nordovest italiano. Di due dei vertici, cioè, di quel “triangolo” (comprensivo di Milano), che ha segnato a suo tempo le tappe del decollo industriale del Paese, e che ora appaiono, ormai da alcuni decenni, in ritardo di crescita, rispetto al più dinamico Nordest.
Muovendo dal Terzo Valico, vale la pena di aggiungere una postilla, che poi tanto postilla non è. Guardando da Genova verso il ponente ligure, il completamento del raddoppio della direttrice ferroviaria verso Marseille inserirebbe pienamente nel disegno complessivo di vasta scala europea, che più sopra ho delineato, sia l’area metropolitana di Genova, sia quella di  Nice, sia ancora quella di Marsiglia: circa 3,3 milioni  (850 mila Genova, 950 mila Nice, 1,5 milioni Marseille) di abitanti in più, oltre ai 33 milioni già prima segnalati, e la possibilità di lavorare a un sistema portuale integrato dell’alto mediterraneo in grado davvero di lanciare la sfida ai porti del Nord Europa.
Certo, al disegno delle due grandi infrastrutture ferroviarie destinate a innervare il Piemonte occorrerà guardare con attenzione puntuale al territorio: sostenendo e pretendendo il rilancio e la valorizzazione degli assets già esistenti sul territorio, da Orbassano a Novara, da Alessandria a Novi e Tortona, ai fini di un ordinato sviluppo delle funzioni logistiche e intermodali, che eviti il consumo di nuovo suolo; orientando questo settore di sviluppo verso la capacità di generare lavoro buono e dignitoso; favorendo il recupero di capacità delle linee storiche ai fini del rilancio del trasporto ferroviario per i pendolari.
Su tutti questi aspetti, le partite sono ancora in gran parte aperte e da giocare con determinazione, nella dialettica tra le Regioni, gli enti locali e lo Stato. Ma è opportuno che non venga mai perso di vista qual è il perimetro di gioco, tanto più in un frangente nel quale è prima di tutto il governo in carica ad apparire del tutto indifferente, se non ostile, a completare un passaggio da cui dipende in maniera decisiva il futuro di una parte significativa del Paese. Del Nordovest senza alcun dubbio.
Quel buco nelle Alpi attraverso il quale dovrà passare il tunnel di base della Torino-Lyon, quel buco nell’Appennino ligure-alessandrino che dovrà ospitare il nuovo tunnel di base della linea dei Giovi, non sono solo due infrastrutture ferroviarie, che pure sono già molto. Sono l’elemento materiale che può consentire la configurazione e poi il perseguimento di una rinnovata polarità di sviluppo per l’Italia, in grado di rilanciare il protagonismo un po’ acciaccato del Nordovest italiano, e di due grandi città come Torino e Milano, che tanto hanno dato alla nascita dello stato unitario,.al suo decollo economico e che ora devono avere restituita una nuova chache.
Due diaframmi di roccia, il primo nelle Alpi, il secondo nel nostro Appennino possono se abbattuti agganciare l’Italia Nord-Occidentale a una grande nuova frontiera continentale che dal Mediterraneo sale verso la Manica e il Mare del Nord. E possono con la loro caduta determinare anche un possibile campo di costruzione dal basso di relazioni economiche, culturali, sociali, determinanti per costruire le cellule di coesione di una parte non secondaria dello spazio europeo.
Possono, al contrario, se prevarranno gli oscurantismi e il retrobottega di una politica più attenta al consenso del giorno che all’interesse generale, diventare un muro che, certamente, relegherà una parte intera dell’Italia, sicuramente il Piemonte e la Liguria, a un futuro subalterno, periferico e declinante. A questo destino potrà forse sottrarsi Milano, che per la sua stessa posizione geografica centrale può guardare alla connessione con l’Europa alzando la testa a Nord verso i valichi svizzeri; e che può pur sempre volgersi a Est verso il Brennero, che parrebbe non essere in discussione.
Ma neppure la grande metropoli del Nord potrà alla lunga non pagare l’onere di una depressione progressiva del Nordovest, che alimenta quote significative dei suoi traffici, delle sue ricchezze, dei suoi stessi fermenti culturali. In definitiva, la battaglia che Sergio Chiamparino ha ingaggiato a difesa della Torino-Lyon e del Terzo Valico, è certamente una battaglia che difende l’orgoglio e le prerogative del Piemonte e dei piemontesi. Ma è una battaglia che riguarda l’Italia e il suo futuro in Europa. Uno studio sul “rapporto costi-benefici”, molto semplice da fare e già risolto con la sola applicazione del buon senso.

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mercoledì 17 ottobre 2018

L'urbanistica della civiltà ( di Giorgio Abonante )

Qualche mese fa due autorevoli interventi, uno di Mario Mantelli, l’altro dello studio CMT, hanno riaperto il dibattito sull'urbanistica di Alessandria. In questi giorni, dopo un anno di stop, riparte la discussione in commissione consiliare sul Piano urbano della mobilità sostenibile. Forse è il momento giusto per riprendere quelle interessanti considerazioni e, più in generale, aprire un confronto con la città. L’organicità dell’attività di pianificazione è fondamentale nella misura in cui stabilire come si percorre la città presuppone a monte un’idea di città e di uso dei suoi spazi, senza farsi spaventare dai tempi di un’operazione inevitabilmente complessa.
Ci si può dare obiettivi di breve, medio e lungo periodo compatibilmente con le risorse a disposizione e con quelle che si potranno recuperare attraverso progetti mirati. La qualità della vita nella nostra città migliorerà se crescerà la dotazione di capitale territoriale, sotto media da molto tempo sugli indicatori ambientali e cognitivi. Per lo sviluppo l’ambiente urbano può essere decisivo se si agisce con un progetto ambizioso, condiviso fra le forze politiche e la città, e confermato nel tempo, senza parentesi o cesure post  elettorali.
Le aree e gli assi che possono concorrere a ridefinire l’identità urbana smarrita sono: a) il rettangolo Valfré – Università – Piazza Garibaldi; b) la riqualificazione del centro tra l’ex Ospedale Militare, il Comune e Piazza Libertà; c) l’asse culturale e verde Cittadella – argini – Marengo; d) le direttrici di collegamento città – sobborghi; e) il rapporto centro – sud attraverso il ridisegno del blocco stazione – scalo merci; f) il destino dell’Ospedale e del Tribunale.
Per ritagliarci qualche spazio di respiro in un contesto vivace e, al tempo stesso, accogliente dovremmo ridefinire alcune funzioni urbane, oggi situate in zone residenziali, ricollocandole in aree di minor pregio. Pensiamo ai piazzali di Amag mobilità e di Arfea che in futuro potrebbero trovare naturale collocazione presso lo scalo ferroviario, se quest’ultimo sarà finalmente collegato alla tangenziale. Oppure al recupero integrale del Forte Acqui liberato dalla presenza della Protezione Civile che, per l’importanza che ha acquisito, merita una sede nuova e più funzionale.
Quali sono le direttrici di senso che, oggi, possono orientare la riqualificazione del reticolo urbano? Una volta gli spazi della città erano tracciati dalla presenza del sacro, delle istituzioni, delle funzioni pubbliche, delle imprese, mentre lo spazio urbano nell’attualità sembra conteso e discusso solo attorno al commercio. Raro che la discussione si accenda, per esempio, sul chiudere al traffico uno spazio di fronte ad una scuola o ad una chiesa, il confronto avviene soprattutto attorno alla relazione strutture commerciali/spazio urbano. Anche nella cornice della città non sembra esserci un’autonomia del sociale, sembra tutto piegato alla dimensione economica, peraltro anch'essa poco rispettata se la si considera includendo i costi della sostenibilità e delle esternalità negative.

L’occasione per restituire dignità a questi temi è offerta dal ritorno in aula del PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile). Possiamo subire un’agenda imposta da luoghi comuni e quieto vivere, oppure possiamo aprirci ad un confronto profondo e ambizioso puntando a interpretare valori, necessità, bisogni e relazioni nella città che vorremmo. Sarebbe anche una carta da giocare in Europa, a Roma e a Torino. 
Chi scommette su Alessandria?

martedì 9 ottobre 2018

"Quell'unico ponte" ovvero 4-1 ( il paradosso alessandrino )


Alessandria, città tra i due fiumi


 « Nulla di nuovo tra Tanaro e Bormida »  diceva Umberto Eco, per definire il modo in cui trascorreva la vita nella città stretta tra i due fiumi. , come a sostenere che non ci fosse nulla che potesse fare notizia o costituire una deviazione da una linea prestabilita. 
Nata appunto tra i due fiumi, la nostra città ha sempre diviso le direzioni di comunicazione guardando e ovviamente attraversando Tanaro e Bormida. Facile capire le direttrici, direzione Tanaro prevalentemente verso il resto del Piemonte, direzione Bormida per Genova e la pianura padana; a ulteriore  dimostrazione della simmetria geografica il fatto che per andare in  Lombardia e Milano ci si possa indirizzare quasi indifferentemente verso Nord passando il Tanaro o verso est sul Bormida.

Anche da un punto di vista ferroviario  la circolazione  ( e i relativi ponti ) è divisa  in due con  i treni che passano sul Tanaro e quelli sul Bormida, tanto che gli addetti ai lavori indicano ufficialmente le due zone della stazione nordest e sudovest appunto con i nomi dei due fiumi.
Partiamo appunto da qua, dalle ferrovie con il nodo di Alessandria, centro importante,  al quale fanno capo e passano diverse linee : due ponti, uno di qua e uno di là e oltre 300 treni al giorno, nessuno pensa di farne altri.

Verrebbe da pensare che anche da un punto stradale la situazione dovrebbe essere altrettanto equilibrata, calcolando, anche a spanne,  che i flussi da e per la città possano essere simili e simmetrici : Torino, Asti, Cuneo da una parte, Genova, Piacenza , Pavia da un altra, Milano " in mezzo " e il gioco è fatto. 
E invece No.... per motivi storici, ambientali, culturali a volte comprensibili a volte meno, la situazione è nettamente squilibrata. 
Ma andiamo con ordine, nei primi secoli di vita la nostra città era concentrata verso il fiume Tanaro e la costruzione della Cittadella ha accentuato questa caratteristica;  dalla battaglia di  Marengo in poi anche il collegamento sul Bormida ha avuto la sua importanza, aumentata nel corso del tempo con il progressivo aumento delle zone abitate, delle ferrovie e dei primi insediamenti industriali.
Fino ad epoche recenti, agli anni '90, la struttura dei collegamenti è rimasta pressochè inalterata con il ponte Cittadella ad est, il ponte Bormida ad ovest e il ponte Forlanini, sempre sul Tanaro, ma verso nord. 

1994, l'alluvione


L'alluvione del 1994 ha rappresentato per la città la maggiore tragedia del dopoguerra e la necessità di rimettere in discussione tutto il sistema di "messa in sicurezza idraulica" e dei relativi ponti stradali e ferroviari ; grazie ai cospicui finanziamenti statali, la giunta leghista  procedette all'abbattimento e sostituzione del vecchio Forlanini (un pò  affrettata secondo alcuni) e alla costruzione di una nuova struttura, il Ponte Tiziano che dal 2000 regge i maggiori flussi di traffico sopra il Tanaro; FS  costruì inoltre il  nuovo ponte ferroviario di maggiore capacità del precedente.

Considerata la disponibilità del nuovo Tiziano ( o prima di costruirlo )  e la imminente apertura di un altro ponte sul Tanaro ( quello della tangenziale, esattamente di fianco al Forlanini e collegato alla città ) probabilmente qualche ragionamento e programmazione diversa sarebbe servita.

Invece all'inizio del millennio ci trovammo con tre ponti nuovi sul Tanaro e il vecchio Cittadella con le note carenze evidenziate in caso di alluvioni. Si parlò per un po' di un collegamento da Via T.Michel in direzione Osterietta, in luogo del ponte originario, ma il progetto non ebbe seguito.




Il vecchio Cittadella venne abbattuto nel 2009 e nel 2016 fu inaugurato il ponte Meier, opera sicuramente valida, a prova di esondazioni,  con una struttura di prim'ordine, un passerella ciclopedonale bellissima e che probabilmente rimarrà nella storia della città; peccato che vada ad inserirsi, come opera finale, in un contesto già stabilizzato e sufficiente per le  esigenze del traffico.

Risultato Finale


4 - 1 , non è il punteggio di una finale da sogno, ma la situazione assolutamente squilibrata dei ponti Alessandrini rispetto alle reali esigenze della città, 4 sul Tanaro, probabilmente in eccesso, e solo 1 sul Bormida, a condizioni pari di circolazione .
" Quell'unico ponte " sul Bormida  ha più di un secolo, sopporta un traffico incredibile per cui è stato necessario il raddoppio delle corsie e, a causa delle esondazioni  che hanno interessato lo stesso Bormida, spesso è stato necessario chiuderlo, bloccando l'accesso al capoluogo ; Idem in caso di incidenti.
Soluzioni a breve non si intravedono, una possibile sinergia con i nuovi centri commerciali per costruire un ponte alternativo non sono state realizzate e la possibilità di un nuovo attraversamento ( sia pure ciclopedonale ) previsto dal  piano periferie ha visto lo stop dal nuovo governo.
Per ironia, come si vede nella splendida foto dell'archivio Frisina, l'unico momento di due ponti sul Bormida si è avuto nel 1915, all'inaugurazione dell'attuale , quando era ancora presente il ponte Napoleonico in legno, di un secolo prima.

Coloris Daniele

martedì 17 aprile 2018

Collegamenti ferroviari in provincia - Valutazioni e proposte


Negli ultimi anni il Piemonte ha dovuto affrontare molte difficoltà e il tentativo di risanamento dei conti, di revisione delle pessime politiche dei trasporti della Giunta Cota, della precaria gestione del sistema sanitario lasciato in eredità dal devastante quadriennio 2010 – 2014 per l’organizzazione regionale sta pendendo corpo.

E’ abbastanza semplice accusare la Giunta Chiamparino di lentezza nell’affrontare i singoli temi, ma gli operatori del settore e i tecnici comprendono che per rimediare a un danno come quello inflitto al sistema trasporti dalla Giunta Regionale precedente ( che ha chiuso  nel 2011/12 ben dodici linee, caso unico in Italia )occorreranno circa dieci anni, sempre che non ci siano ulteriori modifiche all’attuale percorso avviato dall’Assessore Balocco.  
Riteniamo che l’azione della Regione sia congrua alle aspettative, ma che occorra una maggiore determinazione ed un investimento maggiore e più convinto sull’area del Piemonte meridionale/orientale .
Individuando un asse Ovada - Alessandria – Casale Monferrato  riscontriamo un ottimo percorso per quanto riguarda Casale Monferrato con la riapertura delle linee ferroviarie per Mortara e per Vercelli, un tentativo interessante, ma da approfondire di trasporto integrato con l’avviso di gara europea per il bacino sud-est che coinvolge il tpl di Alessandria e Asti e le linee ferroviarie Asti – Acqui Terme e Alessandria – Casale Monferrato, ma una linea ferroviaria Alessandria – Ovada ancora solo percorsa da treni merci, l’assenza di una integrazione tariffaria e modale treno-bus nel nostro territorio provinciale e un profilo ancora modesto circa l’area ferroviaria più grande d’Italia rappresentata dalla stazione viaggiatori e dalla stazione merci.
Uscendo dal dissesto la città di Alessandria ha ora l’opportunità di tornare protagonista come punto di interscambio, riacquisire il suo ruolo di hub del trasporto regionale ed essere degnamente connessa al sistema ferroviario della rete fondamentale e AV.
Il successo della raccolta firme “in un’ora ti vorrei” rivela che la città risponde alla sollecitazione circa il tema della mobilità ferroviaria e quindi sostenibile con molta vivacità: occorre quindi far convergere tutte queste energie positive verso dei risultati concreti.
Nel ruolo di forza di governo regionale e di opposizione costruttiva nel capoluogo come in Provincia promuoviamo tutte quelle iniziative che vorranno riconsegnare prospettive di futuro al nostro territorio.
Riteniamo che la Regione Piemonte in accordo con la Regione Lombardia integri l’attuale servizio ferroviario di gestione lombarda con almeno un nuovo treno fra le 07.08 e le 12.11, per il momento retrocedendo ad Alessandria il regionale 2164 Tortona – Milano Centrale partendo alle 08.00 da Alessandria e valutando l’istituzione di un RE Trenord alle 09.11. E’ possibile pensare ad una velocizzazione della tratta di una decina di minuti accordandosi fra regioni sul materiale rotabile e sulle tracce da concordare con Rete Ferroviaria Italiana.
Sui collegamenti con Milano è prioritario che Regione Piemonte e Regione Lombardia spingano su RFI per il raddoppio della tratta Mortara – Albairate che consentirebbe di inserire in prospettiva dei treni diretti per Milano Porta Genova da Casale Monferrato e implementare l’attuale servizio pendolare gestito da Regione Lombardia sulla tratta Alessandria – Milano Porta Genova, viste anche le prospettive del prossimo decennio date dal collegamento metropolitano Milano San Cristoforo – Aeroporto di Linate.
Alessandria è città di diramazione delle linee fondamentali Torino – Genova e Torino – Bologna e da subito possiamo pretendere, con una modesta revisione del servizio regionale Alessandria – Voghera l’arretramento dei regionali Voghera – Piacenza – Bologna ad Alessandria previo accordo fra Regione Piemonte, Regione Lombardia e Regione Emilia Romagna; singolare che su questi temi, del miglioramento dei collegamenti, oggetto di una mozione del centrosinistra di Alessandria approvata all’unanimità in Comune, proprio il centrodestra, che ora governa la città, non abbia partecipato al voto.
Dal punto di vista locale in attesa del ripristino di un collegamento congruo fra Alessandria e Vercelli lavoreremo come PD provinciale al ripristino dei collegamenti ferroviari fra Alessandria e Ovada revisionando l’attuale autoservizio nell’ottica del trasporto integrato; con l'annuncata elettrificazione della Linea Casale Vercelli, che andrà' inserita dalla Regione nel Contratto di programma con rfi, si potrà finalmente collegare direttamente alessandria casale vercelli

Il PD provinciale di Alessandria si pone quindi come stimolo dell’azione di governo regionale, che intende promuovere il territorio investendo su di esso e come forza politica proponente e concreta.








sabato 17 marzo 2018

Smart country

Il 24 Novembre 2017 si è tenuto un convegno sul futuro dei nostri territori e i possibili scenari tra innovazione e tradizione, che si intitolava: “Verso la SMART COUNTRY, Territorio, Industria, Innovazione, il futuro inizia dalle nostre Radici” Probabilmente non è un caso che si sia tenuto al Castello di Grinzane Cavour, patria del Conte CamilloBenso, che con le sue intuizioni “smart fra l’altro ha contribuito a creare l’Italia attuale e a promuovere la realizzazione del canale d’irrigazione Cavour, ancor oggi fondamentale per la risicoltura italiana. Da amministratore agricolo incentivò già nell’’800 nuove tecniche di coltivazione e vinificazione, mettendo probabilmente le basi per la crescita e valorizzazione di una delle terre da vini più importanti al mondo. (Consiglio una gita in Langhe con visita al Castello). La prima impressione che mi sono fatto è che la provincia di Cuneo, pur uscendo dalla guerra peggio di altre zone limitrofe e pur soffrendo di una posizione geografica, d’infrastrutture di comunicazione penalizzanti, in questi anni ha saputo fare sistema territoriale, prima e meglio delle altre provincie piemontesi.
È impressione diffusa che spesso il patrimonio di sapere e cultura Italiano non sempre è valorizzato e condiviso in modalità Smart, un termine oggi molto usato, che può essere tradotto in rapido, veloce, abile, acuto, brillante, sveglio, intelligente, ma anche alla moda ed elegante. L’aggettivo è diffuso anche in espressioni a noi molto famigliari, come “smartphone”, letteralmente “telefono intelligente”, oppure come smart watch (orologi con funzionalità evolute), di smart TV, smart work, e ancora smart citysmart economy e persino smart governance, dove “smart” racchiude i concetti di migliore qualità di vita e minor impatto ambientale, grazie all’utilizzo intelligente delle tecnologie.
Nel nostro Paese convivono, anche a poca distanza tra loro, comunità vivaci, con buon governo, una buona qualità della vita, dei serviziun alto tasso di occupazione, e a poca distanza territori degradati, con vaste aree semi-abbandonate, spesso in mano al malaffare.
La civiltà industriale che ha modellato il nostro mondo, che ha dominato il novecento sta volgendo al termine e siamo entrati in un’epoca, dove informazione, conoscenza, connettività sono le armi del potere economico e culturale. Nel convegno si è parlato di un possibile nuovo umanesimo, di stile neorinascimentale, di migliore qualità di vita delle persone, a patto che i fini delle imprese non siano solo di massimizzare gli utili ma di condividere i benefit con il territorio dove operano. La velocità dei cambiamenti, l’alto livello di conoscenza e specializzazione richieste, gli investimenti devono essere guidate da una regia (politica) che veda una collaborazione effettiva tra pubblico e privato. Un secolo fa la rivoluzione di Ottobre ha segnato un momento in cui il pubblico è diventato dominante, oggi quel modello mostra dei limiti. La globalizzazione che pochi anni fa sembrava la soluzione di tutti i mali ha mostrato pregi e difetti.
Quale futuro daremo alla nostra società e alle future generazioni?


Con la regia di Egea, Azienda Multi-Utility del territorio, i partner istituzionali CCIAA CN, Confindustria CN, le testimonianze di Aziende leader come Ferrero, Merlo, Miroglio, Balocco e Ceretto e la collaborazione di SDA Bocconi, sono state illustrate le connessioni tra Sostenibilità Ambientale, Welfare e Risorse Umane, Sport e Cultura, Ricerca e Innovazione come possibili motori di sviluppo e benessere territoriale.

Lavorare, Creare, Donare” alla Ferrero, si da molta importanza al welfare aziendale, con particolare attenzione alle donne, per migliorare le condizioni di lavoro, e di conseguenza l’efficienza e la produttività. Sviluppo del talento e attenzione alla vita privata dei dipendenti, anche fuori dal lavoro. Interazione con l’ente pubblico per migliorare i trasporti e la salvaguardia del territorio. Non per questo, tutti sono adatti a lavorare alla Ferrero. In Ferrero Smart significa Vivacità.

Alla Merlo S.p.A. (1200 dipendenti - 90% in export) azienda metalmeccanica specializzata in sollevatori telescopici per edilizia, agricoltura e industria, si punta molto su innovazione, formazione, valorizzazione del capitale umano, perché nell’era della comunicazione, le capacità relazionali e comportamentali, sono fondamentali quanto la qualità dei prodotti.

L’industria tessile è la più antica del mondo, ed è stata la prima a meccanizzarsi, Miroglio presente in 34 paesi  e con 49 unità produttive è in continua evoluzione. Non potrebbe essere diversamente: Open innovation, apertura, cambiamenti nell’organizzazione, collaborazioni con l’esterno, vision e flessibilità da start-up, per cercare di capire cosa succede prima possibile.


La Balocco ha raccontato l’esperienza delle sponsorizzazioni sportive, con la Juventus, nel momento peggiore del club bianconero, quando era retrocessa in serie B e successivamente la maglia rosa al giro d’Italia. Un esempio di coraggio e intuizione per un’azienda di tradizione e solidità ma con dimensioni aziendali molto inferiori al target Juventus (Jeep, Holland del gruppo Fiat), che ha investito in un marketing fuori dai propri schemi. L’emotività del connubio sport/impresa ha contribuito a migliorare la visibilità aziendale della Balocco e ad aumentare i fatturati aziendali oltre le loro aspettative.

La Ceretto vini, deve invece agli investimenti fatti nella promozione e sponsorizzazione di eventi culturali sul territorio, con artisti di fama internazionali, buona parte della propria notorietà e dei propri successi. Famiglia di mecenati, grazie a loro ogni anno migliaia di persone vengono in Langa, favorendo lo sviluppo, la fama del territorio e non solo della loro azienda. Un esempio virtuoso da considerare. In questo caso con la cultura si mangia, e probabilmente si nutre anche il cervello. 

La “Green economy” è la mission di Egea azienda al servizio di famiglie e imprese. La qualità e l’efficienza dei trasporti locali, lo smaltimento rifiuti, l’acqua potabile, le energie e la riduzione di agenti inquinanti condizionano profondamente il benessere delle persone e dei luoghi. I cambiamenti climatici li subiamo tutti e solo facendo massa comune possiamo abbassare le emissioni, efficentare la mobilità, diminuire i rifiuti. La connettività può ridurre gli spostamenti delle persone e limitare le emissioni, migliorare la videosorveglianza. La domotica può fare accendere le luci pubbliche solo al passaggio delle persone, riducendo i consumi e via fino alle bici elettriche.
C.S.R. (Corporate Social Responsability) ovvero la responsabilità sociale di impresa, è un fondamento dell’economia moderna.


La Città ideale conservata a Urbino e simbolo del Rinascimento è stata dipinta da un autore ignoto. Ignote o non certe, sono anche le ricette per creare la Smart city che sogniamo e ipotizziamo alla fine di questi convegni, per la semplice ragione che il mondo è imperfetto. Bisogna arrendersi alla fine della nostra civiltà? Certamente no, personaggi a noi relativamente vicini, come Giuseppe Borsalino, Adriano Olivetti, Michele Ferrero, in epoche più o meno recenti, con le loro visioni lasciato un mondo diverso e migliore di come lo avevano trovato. Hanno saputo essere smartcreare lavoro, benessere e dotare di infrastrutture comuni il territorio dove hanno operato. Dove c’è capitale umano di qualità,c’è anche bellezza e benessere. Mi piace ricordare le parole del più grande visionario che ho avuto il piacere di aver personalmente incontrato nella mia vita.

Il Buono ce l’abbiamo davanti tutti i giorni e non ce ne accorgiamo
Il Buono sta nelle migliaia d’imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti, operai, agricoltori, studenti, professori, ricercatori pubblici e privati che nonostante questi grandi problemi strutturali, competono e vincono le loro sfide quotidiane nella consapevolezza che potrebbe non bastare.
Il Buono sta nell’enorme serbatoio di Sapere, Fantasia, e Bellezza accumulate in questo Paese in tremila anni di Storia vissuti da protagonisti.
Questo Patrimonio grandissimo anche nelle materie scientifiche è solo trascurato.
Tutto il mondo affronta la competizione globale cercando qualità, creatività, fantasia. Noi non dobbiamo cercarle perché sono la nostra storia. Per ritrovarle e ritrovarci serve una chiamata di responsabilità che però deve essere autorevole e credibile.
Guido Ghisolfi, Ottobre 2011
Fabio Decorato